venerdì 10 dicembre 2021

Quanto incide il legame genitore-bambino sull' autostima?

 


"...Mi sento inadeguato, mi sento a disagio, vorrei fare tante cose ma ho paura di farle, chissà cosa pensano gli altri di me, mi sento un fallito, non mi piaccio per niente, non valgo a nulla, non sono proprio capace..."

Questi sono solo alcuni esempi di pensieri autocritici di chi ha una bassa autostima.

Ma che cos'è l' AUTOSTIMA?
L'autostima è la stima che si ha di sè, l'amore per se stessi. 
E' il valore che diamo a noi stessi e alle nostre capacità. 
La parola autostima deriva appunto dal termine "stima", ossia la valutazione e l'apprezzamento di sé stessi e degli altri.
E' un processo di autovalutazione che si forma e si struttura durante tutto l'arco di vita.

Un legame profondo e amorevole durante la prima infanzia è la base fondamentale per la formazione dell' autostima.

Un legame profondo e amorevole è una relazione in cui il bambino:
- può soddisfare i suoi bisogni primari ed emotivi
- si sente ascoltato
- si sente apprezzato, incoraggiato
- si sente accettato per quello che è, non giudicato
- può esprimere liberamente le sue emozioni
- si sente sicuro e accolto


Molto spesso una bassa autostima può dipendere da una legame genitore-bambino inadeguato, in particolare ad incidere maggiormente è la relazione materna. 

Un legame madre-bambino dovrebbe instaurarsi dai primi mesi di vita, il cosiddetto periodo del "mondo-viso" che dura da due a sei mesi. Come afferma Stern, è un meravi
glioso tempo relazionale, un tempo che accade prima che lui sappia parlare, camminare, esplorare. E' quel momento in cui gli occhi e gli sguardi si incontrano. Se il bambino non attraversa questa fase, perde qualcosa di fondamentale e prezioso. Il bambino si sente osservato, accolto, amato.
I mattoni fondanti dell'autostima si trovano nell'esperienza del neonato, prima ancora che diventi bambino. Ma che tipo di genitore può incidere negativamente sull'autostima?


  • Un genitore anaffettivo. La maggior parte delle madri si legano naturalmente al proprio figlio attraverso il fenomeno che Winnicott chiama "preoccupazione materna primaria", ma non sempre succede questo. A volte capita che uno la mamme siano depresse, stanche, senza energie, prive di sostegno, ansiose e questo non porta ad esiti positivi. E questo accade anche per i papà! Quando accade questo capita che bisogni anche primari del figlio non vengono ascoltati, accolti e né tanto meno soddisfatti. Ciò causa malessere e disagio non solo fisico ma anche emotivo del bambino. Un genitore che non sa entrare in contatto, in relazione con il proprio figlio determina una percezione fallimentare che il bambino ha di sè. (come se dicesse: "deve esserci qualcosa di sbagliato o inadeguato in me se il mondo rimane indifferente alle mie sollecitazioni"). 
  • Genitore idealizzatrici. Ci sono genitori che adorano i propri figli solo quando mostrano lati positivi, quando si mostrano dolci, affettuosi, felici, ma li rifiutano quando provano rabbia, quando sono lamentosi, capricciosi. Questi genitori sono in grado di amare solamente la parte idealizzata del figlio, non il figlio reale con i suoi bisogni, esigenze, emozioni. Questo tipo di relazione genitore-figlio può portare il bambino a sentirsi indesiderato, rifiutato, indesiderabile. Il bambino si sente amato solo se è buono. I bambini che hanno interiorizzato ciò arrivano a percepirsi senza valore.
  • Un genitore depresso. Può capitare che la depressione del genitore spezzi il legame positivo. Un genitore depresso è una genitore emotivamente inaccessibile, ma è in grado di comprendere il dolore e il senso di colpa nel non riuscire ad accudire suo figlio come vorrebbe, a giocare con lui, a coccolarlo. Ovviamente il bambino non è in grado di comprendere la depressione della genitore, perciò potrebbe iniziare a colpevolizzare se stesso per questa mancanza di legame. 
  • Un genitore giudicante. Generalmente sono genitori ansiosi e insicuri che rincorrono la loro mania di perfezione in tutto, quindi anche nel rapporto educativo con il proprio figlio. Un atteggiamento di questo tipo rinforza l'atteggiamento giudicante che il genitore ha verso il figlio. Tutto quello che fa il bambino quindi è sottoposto a giudizio, soprattutto quello che di negativo fa. Tutto questo limita il bambino nella sua libertà di  esprimersi, di dire, fare, agire, pensare conducendolo ad inibire progressivamente le sue emozioni, le sue azioni e le sue reazioni poichè teme sempre il giudizio altrui. Il bambino quindi interiorizza anche lui questa mania di perfezione per la paura del giudizio.
  • Un genitore emotivamente iperprotettivo.  E' un genitore che ama il proprio figlio attraverso un amore patologico. E' un genitore che forse ama involontariamente troppo o in modo distorto il proprio figlio, E' una genitore emotivamente invadente che protegge eccessivamente il proprio figlio, preservandolo da delusioni, da situazioni difficili, da emozioni negative che inevitabilmente dovrà affrontare nella sua vita. Un atteggiamento di questo tipo non permette al proprio figlio di sperimentare autonomamente il proprio spazio, di gestire le proprie emozioni, di instaurare relazioni, di esplorare il mondo. A lungo andare questo atteggiamento iperprotettivo influenza l'emotività del bambino, compromettendo la sua autostima anche in età adulta. 
L’iperprotezione è un modo dell’adulto (genitore) di esorcizzare le proprie paure riversandole sull'altro (figlio). Il bambino diventa quindi un "contenitore", una proiezione di ciò che egli vive a livello emotivo. 
La mania di controllo del genitore spesso deriva da insicurezze molto profonde.
In questo modo il genitore depriva il proprio figlio dell'autonomia e delle capacità decisionali rendendolo schiavo della propria esistenza. A lungo andare, le difficoltà che inevitabilmente incontrerà nel suo percorso di vita, quando ad esempio arriverà il momento di allontanarsi da casa, lo condurrà ad una tangibile sofferenza e disagio con manifestazioni di ansia e depressione. 
L’autoaffermazione in età adulta sarà quindi molto più difficile.

E tu che tipo di genitori hai avuto? Che tipo di legame hai vissuto con loro?
In quale tipo di legame ti riconosci?
Pensi di aver costruito una buona base di autostima?
Raccontami...



Dott.ssa Margherita Giordano
Psicologa clinica e dell'età evolutiva
Ricevo a Milano e Online

320 6397160 - artecorpomente@live.it


martedì 28 settembre 2021

Perché l'Intelligenza Emotiva ci aiuta a vivere meglio?

 


“È molto importante capire che l’Intelligenza Emotiva non è il contrario dell’intelligenza, non è il trionfo del cuore sulla testa, bensì un’unione di entrambi” - David Caruso

Prima di parlare di intelligenza emotiva voglio introdurvi brevemente la teoria delle intelligenze multiple di Howard Gardner, psicologo e docente statunitense.

Secondo Gardner (1983) non esiste una forma unitaria di intelligenza, ma esistono diverse forme di intelligenza, quindi DIVERSE ABILITA’ e DIVERSE CAPACITA’, in ognuno di noi.

I test usati all’epoca per misurare l’intelligenza erano volti a rilevare soltanto due tipi di intelligenza: quella linguistica e quella logico-matematica, ma esistono in realtà altre forme di intelligenza, definite da Gardner intelligenze “personali o emotive”:

 

Intelligenza Spaziale: capacità di riconoscere e utilizzare lo spazio. 

Intelligenza Corporeo-cinestetica; è l’intelligenza degli atleti o dei danzatori ad esempio, ed è l’abilità di utilizzare il proprio corpo attraverso il coordinamento e il movimento.

Intelligenza Sociale/Interpersonale: è la capacità di comprendere le intenzioni, le motivazioni e i desideri delle altre persone, permettendo in questo modo di lavorare efficacemente anche in gruppo.

Intelligenza Intrapersonale: l’essere consapevoli dei propri sentimenti e di saperli esprimere senza farsi sopraffare. È, dunque, l’abilità di capire se stessi.

Intelligenza Musicale: l’abilità di comporre, riconoscere e riprodurre modelli musicali, toni e ritmi.

Intelligenza Naturalistica: la capacità di riconoscere, individuare alcune caratteristiche dell’ambiente.

Intelligenza Spirituale: l’abilità di entrare in contatto con ciò che concerne il proprio spirito e le capacità di prendersene cura.

Intelligenza Esistenziale: la capacità di riflettere sulla propria esistenza, compresa la vita e la morte.

Intelligenza Morale: capacità di utilizzare i concetti di bene/male e i valori ad essi associati per orientarsi nella presa di decisioni e risoluzione dei problemi.

Secondo Gardner lo scopo dell’essere umano è capire come utilizzare al meglio queste intelligenze per raggiungere un maggiore benessere individuale e interpersonale.

I primi a parlare di Intelligenza Emotiva sono stati i professori  Peter Salovey e John D. Mayer, che nel 1990 la definirono così: “L’intelligenza emotiva coinvolge l’abilità di percepire, valutare ed esprimere un’emozione; l’abilità di accedere ai sentimenti e/o crearli quando facilitano i pensieri; l’abilità di capire l’emozione e la conoscenza emotiva; l’abilità di regolare le emozioni per promuovere la crescita emotiva e intellettuale”.

  • L’intelligenza emotiva è quindi quella forma di intelligenza che ci permette di:

 

1) percepire, valutare e esprimere le proprie emozioni.

2) creare e utilizzare i propri sentimenti nei processi di ragionamento e di organizzazione dei pensieri, nonché nei processi decisionali.

3) capire e regolare le emozioni, utilizzandole come elementi per la crescita dell’individuo.

Il concetto di intelligenza emotiva ha raggiunto nel 1995 l’opinione pubblica soprattutto grazie allo psicologo americano Daniel Goleman. Secondo lo psicologo, la nostra mente è divisa in due: una parte razionale e l’altra emozionale. La mente emozionale, da cui nasce l’intelligenza emotiva, agisce prima e più a fondo di quella razionale (le emozioni sono molto più potenti, istintive e pervasive dei pensieri razionali).

Ma perché l’intelligenza emotiva ci aiuta a vivere meglio?

Goleman ha individuato cinque componenti fondamentali dell’intelligenza emotiva:

·  Consapevolezza delle proprie emozioni: la capacità di riconoscere e comprendere le proprie emozioni;

· Dominio delle proprie emozioni: la capacità di controllare, autoregolare e gestire i comportamenti che sono indotti dalle emozioni che proviamo;

·    Motivazione: la capacità di trovare uno scopo, guidato dalle emozioni, per agire;

·  Empatia: la capacità di “sentire” le emozioni altrui, ovvero la capacità di sapersi mettere nei panni dell’altro;

·    Abilità sociale: la capacità di stare, vivere e lavorare a contatto con altre persone.

 

L’intelligenza emotiva ci aiuta quindi a vivere meglio e in armonia con noi stessi e con gli altri!

L’intelligenza emotiva ci permette di apportare tanti benefici importanti alla nostra vita:

 

-       Aiuta a regolare e gestire in modo efficace le emozioni, anche quelle più spiacevoli.

-       Migliora i rapporti sociali, interpersonali, familiari, affettivi, relazionali

-       Migliora la qualità delle relazioni amicali, sentimentali e amorose

-     Migliora la capacità di conoscere se stessi e quindi di prendere scelte e decisioni con maggiore consapevolezza

-       Favorisce la Crescita Personale ed Emotiva

-       Potenzia l’ Autostima e l’Autoefficacia

-       Migliora la capacità di problem solving, ovvero la capacità di risolvere i problemi

-       Incrementa la produttività lavorativa e il rendimento scolastico

-       Riduce e previene il malessere psicologico (sintomi ansiosi, depressione…)

-   Accresce il benessere psico-fisico (qualità del sonno, produttività, concentrazione, lenisce  disturbi gastro-intestinali, tensione muscolare, irritabilità…)

 

Il nostro livello di Intelligenza Emotiva non è stabile durante la nostra vita e questo tipo di intelligenza può essere allenato e sviluppato.

Ma come possiamo potenziare e migliorare l’intelligenza emotiva?

Possiamo farlo attraverso un percorso di Educazione Emotiva che permette di conoscere, comprendere e gestire in modo efficace e funzionale le proprie emozioni.

Quello che spesso insegno ai miei pazienti si racchiude in questo principio portante:

Non esistono emozioni positive o negative, non esistono emozioni giuste o sbagliate, ma esistono le EMOZIONI! Tutte le emozioni, anche quelle più spiacevoli, quali la rabbia, la tristezza o la paura, sono IMPORTANTI e FUNZIONALI.

Proprio per questo ogni emozione ha bisogno di essere RICONOSCIUTA, ACCOLTA, ACCETTATA, ASCOLTATA, COMPRESA, GESTITA, ESPRESSA, CONDIVISA.

Impariamo quindi ad entrare in contatto con le nostre emozioni per stare meglio con noi stessi e con l’altro! Impariamo a conoscere e gestire le nostre emozioni per accrescere il nostro benessere psicologico, il nostro equilibrio emotivo e la nostra crescita personale.

Proprio per questo è importante un'educazione emotiva e affettiva fin dalla tenera età, dove svolgono un ruolo molto importante la famiglia, i genitori e le istituzioni scolastiche/extrascolastiche.

Pensiamo ai bambini. I bambini hanno la capacità innata di esprimere liberamente emozioni, sensazioni e sentimenti e, spesso, è proprio l'adulto, il genitore o il contesto socio-culturale a distruggere questa loro attitudine, provocando quel circolo vizioso in cui le emozioni inibite, represse e inespresse si ripercuotono negativamente nel loro processo di crescita emotiva, affettiva, relazionale e cognitiva. Perciò è importante riappropriarsi del nostro ESSERE BAMBINO per imparare ad esprimere le nostre emozioni.

E’ quindi altrettanto importante un’educazione emotiva anche in età adulta per imparare ad esprimere la rabbia, accogliere la tristezza, comprendere la paura...per IMPARARE A VIVERE LE PROPRIE EMOZIONI, ad ABITARLE e SENTIRLE.

👉 Se pensi di essere una persona con una scarsa intelligenza emotiva, se pensi di non riuscire a gestire le tue emozioni, se pensi che questo compromette il rapporto con te stess* e con gli altri, ricordati che l’intelligenza emotiva è un’abilità che si può apprendere e si può allenare!


Dott.ssa Margherita Giordano

Psicologa clinica e dell'età evolutiva

320 6397160  -  artecorpomente@live.it



giovedì 8 aprile 2021

La PAURA: impariamo ad affrontarla!

 


Ho imparato che tutti, tutti, ma proprio tutti abbiamo paura. 

Tutti abbiamo paure. Tutti siamo vulnerabili. Siamo esseri umani. 
La paura è un'emozione che appartiene a tutti e che proviamo tutti prima o poi.
Quante volte ho ripetuto "tutti"?

La paura è un’emozione primaria, è quindi un’emozione innata e universale.


La paura NON è un'emozione NEGATIVA, è un'emozione spiacevole, ma sicuramente funzionale per la nostra esistenza e per la nostra sopravvivenza perché ci protegge dai pericoli. Pensiamo al pericolo di toccare il fuoco. Se non avessimo paura di bruciarci potremmo continuare a toccare il fuoco e ustionarci. 

Ma come reagiamo alla paura? 
Le reazioni primordiali della paura sono la fuga o l'attacco, ma non sempre queste reazioni sono funzionali per la nostra esistenza. Pensiamo all' emergenza Coronavirus che in questo periodo sta coinvolgendo tutta la comunità. Tutti avvertiamo il pericolo e tutti sperimentiamo dentro di noi la PAURA, la paura del contagio, la paura di ammalarci, la paura di morire...Ma perché abbiamo paura del virus? Perché è una particella così piccola, così invisibile e così intangibile che non ci permette di averne il pieno controllo. 
Tutto ciò che è incontrollabile diventa qualcosa di incerto, imprevedibile, sconosciuto. 

E tutto ciò che è incerto, imprevedibile, sconosciuto ci fa paura, è inevitabile.

 
Di fronte a queste paure più "evolute" le reazioni primordiali della paura (fuga/attacco) non funzionano, non possiamo, ad esempio, fuggire da un virus e non possiamo neppure attaccarlo. Di questo se ne occuperà la medicina e la scienza eventualmente. 


Allora come faccio a gestire e affrontare l'emozione della paura? 

Poiché ci siamo evoluti è necessario individuare e adottare strategie e RISORSE più "evolute", quindi più funzionali. Quali?


1) La più grande risorsa è la CONOSCENZA.

È solo e solamente attraverso la conoscenza che possiamo affrontare e superare le nostre paure. 
E’ necessario imparare a conoscere le nostre paure e i nostri pericoli per poterli affrontare!

Questo ci permette anche di comprendere meglio la PERCEZIONE DI RISCHIO. Cosa vuol dire?

A volte, anzi spesso, alimentiamo le nostre paure perché ingigantiamo la percezione di rischio, ovvero aumentiamo la nostra possibilità di rischio e pericolo. Se la percezione di rischio è sempre ingiustificatamente alta, il nostro sistema di allarme rimarrà sempre attivato e continueremo a sperimentare sempre paura.

Quando c’è un pericolo è necessario invece imparare a valutare e analizzare bene la nostra percezione e possibilità di rischio, cosicchè possiamo meglio regolare il nostro stato di allarme e gestire la nostra paura.


2) ACCETTA LA TUA PAURA.  RICONOSCILA.  ACCOGLILA.  ASCOLTALA. 
Non fuggire dalla paura. Non evitarla, non negarla e non sminuirla.

La paura è un'emozione e, in quanto tale, va COMPRESA. Attraverso la paura abbiamo la possibilità di ricercare dentro di noi quelle risorse che forse neanche pensavamo di avere.

Se impariamo ad accogliere e ASCOLTARE le nostre paure, possiamo imparare a capire quali sono i nostri LIMITI, ma anche quali sono le nostre RISORSE. Ascoltando la nostra paura possiamo scoprire nuovi strumenti e nuovi modi per affrontare i pericoli! È così che si diventa forti e coraggiosi, solo ed esclusivamente attraverso la paura. 

Per questo la paura è un'emozione fondamentale e necessaria, che ci fa CRESCERE ed evolvere se impariamo a gestirla e comprenderla al meglio.


3) EVITA DI EVITARE LE SITUAZIONI CHE TI PROCURANO PAURA. 

Evitare quelle situazioni che ti spaventano ti farà stare apparentemente bene all'inizio, proprio perchè la eviti, ma questo evitamento ti condurrà progressivamente  ad evitare sempre più situazioni fino ad isolarti e quindi a non vivere appieno la vita.

Se evitiamo la paura rischiamo di rimanere fermi, di non crescere, non evolvere, e soprattutto rischiamo di non conoscere le infinite possibilità del nostro Sè, del nostro Essere.

Perciò, ASCOLTA IL TUO TEMPO E FAI UN PASSO ALLA VOLTA, INSIEME ALLA PAURA.

Non pretendere di superare le tue paure sempre e subito, ma un passo alla volta, un po' per volta, con i tuoi tempi e con i tuoi modi.


4) Coltiva le RELAZIONI, non isolarti. 

Abbiamo bisogno di relazioni, siamo animali sociali.

Abbiamo bisogno di relazioni per condividere e rispecchiarCi.
Abbiamo bisogno di relazioni per ascoltarCi, sostenerCi, conoscerCi, esserCi. 

L'altro è sicuramente una risorsa in più per affrontare, gestire e superare una difficoltà.

 

Per conoscere meglio la paura, ti suggerisco di riflettere su queste 3 domande

QUANDO? DOVE? COME?

QUANDO provo paura?
DOVE provo la paura? In quale parte del corpo sento la paura?​​
COME esprimo la paura e in che modo si manifesta?​​

La paura ci insegna che siamo anche FRAGILI e le fragilità ci rendono SIMILI.

La paura se non adeguatamente gestita viene da noi percepita solo come un'emozione negativa e quindi può in parte limitare e invalidare la nostra quotidianità, il lavoro, le relazioni, il rapporto con se stessi. Proprio per questo è necessario conoscere le proprie paure, per poi imparare a gestirle e affrontarle, apprendendo sempre nuove risorse.

Non avere timore di parlare delle tue paure, di condividere le tue emozioni e di chiedere aiuto ad un professionista. Gli Psicologi conoscono le emozioni e possono aiutarti in modo competente a gestirle e a viverle con pienezza.
Se hai bisogno di un supporto io ci sono!

 

Dott.ssa Margherita Giordano
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sabato 20 marzo 2021

LA RABBIA: a cosa ci serve e come gestirla?



La RABBIA, come la gioia, la tristezza e la paura, è un’ EMOZIONE PRIMARIA, poiché possiamo provarla tutti, a qualsiasi età e in qualsiasi contesto socio-culturale.

Quando ci arrabbiamo proviamo sicuramente tante sensazioni spiacevoli (ad esempio il nostro battito cardiaco accelera, iniziamo a sudare, a tremare, oppure a piangere…). Proprio per questo tendiamo a dare una connotazione negativa alla rabbia, ma in realtà la rabbia, così come tutte le altre emozioni NON è un’emozione negativa, ma è molto IMPORTANTE e FUNZIONALE per noi!

A cosa ci serve la rabbia?

La rabbia ci fa capire quando qualcosa è ingiusto per noi.

- La rabbia ci aiuta ad ottenere GIUSTIZIA, ad affermare noi stessi, i propri bisogni, le proprie idee, i propri pensieri.

La rabbia “disadattiva” invece può creare sofferenza individuale o compromettere le relazioni sociali, spingendo ad azioni dannose verso persone, cose o verso se stessi. Un accumulo di tensione può causare sintomi fisici importanti oltre che malessere psicologico, quindi riconoscere, esprimere e gestire la rabbia diventa fondamentale per il nostro benessere!

Proprio per questo è fondamentale imparare a GESTIRE L’INTENSITA’ di questa emozione, in modo che l’intensità non sia né troppo alta, ma nemmeno troppo bassa, perché se l’intensità della rabbia è troppo bassa rischiamo più spesso di subire le decisioni altrui, oppure di essere umiliati, oppure di non esprimere le nostre idee, i nostri bisogni; se invece l’intensità è troppo alta, rischiamo di far del male a noi stessi o agli altri, ferendo con le parole o con il corpo.

Ecco alcuni consigli per gestirla:

1) ASCOLTIAMOLA, RICONOSCIAMOLA e ACCOGLIAMOLA.

“Ascolta il tuo corpo e ascolta ciò che ti sta dicendo!”
E’ necessario educare il nostro corpo all’ascolto.
E’ necessario ascoltare le nostre emozioni e accoglierle, senza giudizio.
Un atteggiamento accogliente verso le nostre emozioni ci permette di COMPRENDERLE e capire quello di cui abbiamo davvero bisogno.

2)  Una volta riconosciuta, impariamo a GESTIRLA!

Esistono tantissimi modi per gestire la rabbia: il barattolo della calma, la meditazione, il training autogeno, l’attività fisica, lo yoga, l’arte… Ma io penso che il modo più efficace per gestire la rabbia sia proprio l’ASCOLTO! Parte tutto dall’ascolto. 

L’ascolto interiore apre la via della comprensione e della COMUNICAZIONE. 

E’ attraverso la comunicazione, è attraverso il dialogo che permettiamo alla rabbia di fluire….esprimendo così i nostri bisogni e le nostre idee.

Intanto per conoscere meglio la rabbia, ti suggerisco di riflettere su queste 3 domande:

QUANDO? DOVE? COME?

 

QUANDO provo rabbia?
DOVE provo la rabbia? In quale parte del corpo sento la rabbia?​​​

COME esprimo la rabbia e in che modo si manifesta?​​​


Spero che questo articolo ti sia d'aiuto! 

Se hai difficoltà ad esprimere o gestire le tue emozioni, un SUPPORTO PSICOLOGICO può aiutarti a sviluppare o potenziare l'intelligenza emotiva attraverso un percorso di educazione emotiva.

L'intelligenza emotiva ci permette di entrare in contatto con le proprie emozioni e di migliorare il rapporto con se stessi e con gli altri.

 

 

Dott.ssa Margherita Giordano
Psicologa clinica e dell'età evolutiva
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